“Volete portare qui gli uomini di colore per bastardare la nostra razza, questa è la vostra politica, ma a me non va bene”. Questa affermazione del Presidente della provincia di Treviso Leonardo Muraro ha suscitato le reazioni che si scatenano quando qualcuno pronuncia frasi in odore di razzismo.
A parte il fatto che in italiano il verbo “bastardare” non esiste e, a quel che ne so, nemmeno nella lingua veneta, e che sarebbe stato corretto dire “imbastardire”, a voler indicare, come suppongo fosse sua intenzione, il “falsare, alterare, guastare, adulterare” ( Zingarelli ) “la nostra razza”, c’è da pensare che la “voce dal sen sfuggita” di Muraro sia da ricondursi, più che a razzismo, ad un pensiero che da millenni caratterizza la cultura europea e non solo quella.
Nell’accezione corrente e negativa del termine, “razzista” è un atteggiamento, una mentalità che punta alla sopraffazione di una razza su un’altra, cosa esecrabile in quanto ingiusta e contraria ai più elementari diritti umani.
Un’altra accezione del medesimo termine è riferita alla convinzione che l’umanità sia suddivisa in razze, teoria opinabile, ma che in sé non contiene alcun elemento prevaricatore né alcun giudizio di merito sul valore di questa o quella razza.
Essere convinti o meno, a torto o a ragione, che esistano delle razze, riguarda la libertà di pensiero. E’ un fatto personale che non ha effetti pratici.
Avere un atteggiamento o una mentalità “razzista” è invece qualcosa che va ad incidere sulla realtà perché in qualche modo tende discriminare o sottomettere degli esseri umani. E’ quindi un atteggiamento “attivo” in quanto si traduce in azioni che vanno a danneggiare qualcuno.
La preoccupazione del Presidente trevigiano, pur improvvida ed espressa con uno strafalcione, non può essere tacciata di razzismo, se non per il fatto che egli è convinto che le razze esistano, cosa che però riguarda la sua libertà di pensiero e che non ha effetti pratici.
Tantomeno il suo timore che “gli uomini di colore” – non specifica quale- possano“bastardare la nostra razza”. Infatti se razzista è definito un atteggiamento aggressivo nei confronti di qualcun altro, il suo timore è del tutto difensivo, teso non tanto a danneggiare altri quanto a conservare l’identità propria.
Problematica, questa, che va affrontata in modo meno grossolano, nei giusti termini e ricondotta al grande dibattito che la globalizzazione impone: diversità o meticciato?
E’ evidente che il Pensiero Unico nel declinare ai vari livelli il politicamente correttospinge con tutta la sua pressione mediatica ( opinion leaders, mode, idoli pop, film ecc.) al meticciato. Ma il meticciato per definizione va a ridurre la diversità.
Come scrive Pierre-André Taguieff, “L’ibridazione generalizzata è il rullo compressore che produce l’omogeneizzazione e il livellamento delle culture, l’abolizione finale della diversità culturale”.
Vale a dire una violenza inaccettabile almeno quanto quella razzista.
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